La società parla il linguaggio del futuro: agritech e nanotecnologie per salvaguardare l’ambiente
Nanomnia S.r.l. nasce tre anni fa in provincia di Verona, con un capitale sociale sottoscritto e versato pari ad 10.526,91 euro. La compagine sociale è formata da 76 componenti. Opera nel settore dell’agritech focalizzando le ricerche su soluzioni nanotecnologiche per diminuire la tossicità degli agenti chimici nelle coltivazioni.
Il team di agronomi ha inventato, con domanda di brevetto presentata al Ministero a dicembre 2018, un guscio naturale che protegge l’agrofarmaco fino a quando le condizioni non sono ottimali per il suo rilascio. Si riduce così l’inquinamento delle acque di falda e di superficie con l’utilizzo esclusivo di sostanze naturali e biodegradabili e si abbattono i residui microplastici nell’ambiente.
Con una prima campagna di equity crowdfunding la start up ha già raccolto oltre 210.000 euro, puntando ora al completamento dell’aumento di capitale (pari a 11.250 euro con un sovrapprezzo di 498.750 euro).
Il mercato
Ampio potenziale del mercato – confermano nella presentazione – dall’agritech alla cosmetica, dal biotech al pharma, dall’edilizia alla nutraceutica (studio delle proprietà
terapeutiche o preventive di alcuni alimenti).
Tra gennaio ed aprile 2020 Nanomnia ha seguito un programma di accelerazione in Israele, realizzando -come riportano – un fatturato di 300.000 euro, e ricevendo anche diversi premi e riconoscimenti: Premio Corteva da 50.000 euro e Premio Marzotto.
Il mondo relativo agli agrofarmaci produce circa 65 miliardi di dollari (fonte: Philip McDouglas 2018); la parte relativa all’Europa vale 13 miliardi di dollari, in leggera flessione per le restrizioni imposte dall’ente ECHA (in capo alla UE) e la crescente competizione di USA e Cina.
Il 75% di questo paniere è detenuto da 6 grandi player (3 USA, 3 europei). Negli ultimi anni il mercato italiano moltiplica di circa 1 miliardo di euro (dati Agrofarma 2017) e si posiziona al terzo posto in Europa e al sesto a livello mondiale.
Team di ricercatori come in una vera spin-off accademica
L’attività della società è stata sviluppata da Marta Bonaconsa, laureata in scienza biologiche presso l’università di Padova. Consegue il dottorato e diviene assistente di ricerca in Neuroscienze e Neurobiologa presso l’Università degli studi di Verona. Ha esperienza di 6 anni nella società Nanoverse -Department of Biotechnologies, University of Verona. Michele Bovi, dottore in Biotecnologie Agro-industriali, PHD con 11 anni di attività di docenza – post dottorato presso l’università degli studi di Verona. Entrambi componenti del Cda insieme al consigliere Paolo Dussin, presidente della società VER SAN & Dafne M.D., trentennale azienda che si occupa di commercializzazione di medical devices specialistici. Nel team anche Pietro Vaccari, esperto dei bio e nano material, laureato all’università di Verona con specializzazione alla Ca’ Foscari di Venezia. Esperienza di 9 anni nella società di chimica DMD S.r.l oggi partner industriale di Nanomnia srl.
I rischi di una start up “ibrida”
Eccellenza e punto debole sono le figure chiave del team che se dovessero interrompere la propria collaborazione con Nanomnia S.r.l,, non sarebbero facilmente sostituibili data l’alta specificità del prodotto.
Con la clausola di lock up isoci i soci fondatori non recederanno interamente dalla loro quota per salvaguardare l’integrità societaria e il know how investito.
La società garantisce correttezza e veridicità delle scritture contabili e dei bilanci redatti in tre anni, ma non si possono escludere sopravvenienze – attive o passive – relative al loro percorso.
Resta la competitività di spin-off universitari supportati da strutture e risorse pubbliche per realizzare lo stesso prodotto o simili.
Le quote offerte, avendo ad oggetto la minoranza del capitale sociale di una società che non ha ancora consolidato la propria attività commerciale, rientrano tra gli investimenti di tipo altamente illiquido, perché non esiste un mercato in cui cederle.